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Il Jobs Act è arrivato al traguardo venerdì scorso. Il Consiglio dei Ministri ha approvato, infatti, i primi quattro decreti attuativi della riforma del lavoro, l’approdo di un percorso iniziato poco meno di un anno fa e passato attraverso lotte sociali e sindacali, soprattutto riguardo le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La delega più importante tra le quattro esercitate dall’esecutivo, indubbiamente, è quella che riguarda i contratti di lavoro, con le modifiche all’applicazione delle normative sul licenziamento, sui futuri contratti, e le novità in fatto di ammortizzatori sociali. In particolare è stata l’attuazione del contratto a tutele crescenti ad aver suscitato l’interesse dell’opinione pubblica e l’accoglienza entusiastica di Confindustria. Una riforma di sinistra ha detto il nostro segretario/premier, riferendosi al contratto a tutele crescenti, che contribuirà, peraltro, ad incrementare i posti di lavoro. Fermo restando che i posti di lavoro, come ha fatto notare il presidente dei giovani di Confindustria e non Maurizio Landini, si creano con la domanda e le nuove commesse e non con le leggi e che sarei felice se nel 2015 e negli anni a venire tanti giovani e donne riuscissero a trovare un posto di lavoro, mi chiedo se il contratto a tutele crescenti possa rendere la vita e il lavoro più dignitoso. Perché la sfida non sarà vinta solo con un incremento numerico dei posti di lavoro ma se tutti i lavoratori a tempo indeterminato o atipici potranno assicurare a se stessi e alle loro famiglia una vita libera e dignitosa come previsto dalla nostra Costituzione. E allora sarà pure un mio limite intellettivo ma non riesco a capire come possa il contratto a tutele  crescenti, così come è stato configurato dal Governo, assicurare una esistenza libera e dignitosa vista l’abrogazione di fatto dell’art.18, la possibilità del demansionamento per vaghi motivi organizzativi autocertificato dall’azienda che renderà più ricattabili i lavoratori, il solo indennizzo in caso di licenziamento collettivo e il venire meno della proporzionalità della sanzione in caso di contestazione disciplinare. Stando così le cose, a me pare, piuttosto, che a crescere non saranno tanto i diritti e le tutele per tutti i lavoratori ma piuttosto il senso di insicurezza e di precarietà. E non solo sul posto di lavoro.

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